L’ECO DI DON BOSCO N. 7/2021 – ANNO CIV

L’ECO DI DON BOSCO N. 7/2021 – ANNO CIV

Maria Ausiliatrice salva, nel 1918 – 1919, confratelli e giovani dalla spagnola

In questo tempo di coronavirus, che “contagia” anche la ricorrenza dei 150 anni dell’Opera Don Bosco, il nostro pensiero corre a quanto accadde 100 anni fa. Il virus malefico contagia i festeggiamenti, ma ha risparmiato finora la nostra comunità e speriamo che anche in futuro stia lontano dalla nostra casa … La nostra casa è sotto la protezione della Madonna Ausiliatrice. Nella torretta della parte centrale dell’Opera campeggia infatti la statua di Maria Ausiliatrice dal 3 marzo 1955, l’anno in cui la parrocchia, distrutta dai bombardamenti del 1943, fu ricostruita e riconsacrata .

La targa sotto la statua recita:

A Maria Santissima

Immacolata e ausiliatrice

Consacrando

Mente, Cuore e Opere

Salesiani e allievi

Ex allievi e cooperatori

Alla base della torre l’Oratorio oggi scrive: “Ogni giovane che etra in una casa salesiana è preso per mano da Maria Ausiliatrice”. (Don Bosco) .

Essa preservi chiunque vive e opera nella sua casa … come accadde cento anni fa.

La targa della riconoscenza del 1919

Nella rampa di scalini che portano alla sala mensa del Don Bosco, di fronte alla statua della Madonna situata in una nicchia, su targa di marmo si legge:

“Per materna bontà di Maria Ausiliatrice. Incolumi dal morbo letale dell’anno 1918 – 19, superiori e alunni, memori e grati posero”

La targa marmorea a futura memoria fu posta il 24 maggio 1919, recita la Cronaca della Casa scritta dal Direttore Don Divina.

Siamo al tempo della terribile epidemia detta “La spagnola”, una guerra parallela scoppiata nell’ultimo anno della Grande Guerra … e fece tante vittime che gli storici dicono raggiungessero, a livello mondiale, dai 50 ai 100 milioni. L’epidemia invase il mondo in due fasi: nella primavera del 1918 e nell’estate e nell’autunno.

Un primo segnale inquietante a Sampierdarena

Il 9 giugno 1918 si celebra al Don Bosco il 50° di consacrazione sacerdotale di don Albera. Richiama a Sampierdarena tante persone del decennio 1871-1881, il decennio degli inizi dell’Opera.

Il giorno dopo la fausta ricorrenza si ritrovarono ammalati di influenza una trentina di persone tra ragazzi e salesiani. Era la terribile febbre spagnola che tanto somiglia all’attuale Covid 19.

Come uccide la spagnola?

L’attacco del virus indebolisce le difese dell’apparato respiratorio e apre la strada a infezioni causate da batteri, che provocano polmoniti e broncopolmoniti. Ma le morti repentine di individui giovani e sani e i sintomi impressionanti dicono che il Killer ha un modo tutto suo di uccidere: ”Quando, sconcertati dalla violenza della malattia, i medici procedono alle prime autopsie, scoprono che tutti gli organi principali presentano alterazioni singolari, ma che la cosa più sconvolgente è l’aspetto dei polmoni. Se la malattia è stata lunga i polmoni mostrano semplicemente i segni dell’infezione batterica. Ma se la morte è soprattutto nel giro di due, tre, quattro giorni, si fa fatica a riconoscerli”. (1)

Il virus della spagnola, disperso da un individuo infetto attraverso le goccioline di saliva, entra nelle vie respiratorie attraverso il naso o, più facilmente, la bocca. “Quando raggiunge i tessuti del nuovo ospite, tenta subito di fare ciò per cui è programmato: penetrare in una cellula e costringerla a produrre copie del virus (di solito, nel giro di dieci ore una cellula infetta esplode liberando dai 1.000 a 10.000 virus, ciascuno dei quali si getta all’attacco di un’altra cellula” (2)

La grande differenza dal Covid19 è l’altissima letalità e l’età delle vittime: colpisce persone dai 20 ai 34 anni. I bambini dai 5 ai 15 anni si ammalano moltissimo, ma tra loro i morti sono rari. Per gli anziani invece la spagnola è meno pericolosa di una normale influenza. Noi che conviviamo con il Covid19 conosciamo bene la pericolosità di tale pandemia per gli anziani … ma non solo. Certo Maria Ausiliatrice ci protegge, ma sarebbe stato bello un impegno ufficiale simile a quello preso dai confratelli e giovani durante la pestilenza del 1918-1919.

L’intervento della Vergine

Riportiamo il racconto che ne fa Don Miscio nel libro ‘La Seconda Valdocco’. (3)

La mortalità, con la spagnola, si alza in modo vertiginoso. A Genova il numero dei morti oscilla tra i 40 e gli 80 al giorno. A Torino tra i 50 e110; a Milano tra i 150 e i 300 al giorno. E questo per il periodo di sei mesi. Famiglie intere colpite. Famiglie scomparse del tutto. Ospedali insufficienti a ricevere gli ammalati, Caserme che danno la più forte percentuale di colpiti. Collegi e istituti sono costretti a licenziare gli alunni. Scuole governative e scuole private dopo aver ritardato l’apertura sono costrette a sospendere le lezioni fin oltre le feste natalizie.

Nell’Ospizio di San Vincenzo de’ Paoli di Sampierdarena si ritarda l’apertura delle scuole fino al 18 di novembre.

La città di Sampierdarena per un certo tempo pare trovarsi immune dal flagello, ma l’illusione dura poco. Già in ottobre i casi diventano frequenti. La guerra finisce. Si festeggia e si piangono i morti della guerra e della spagnola. Le autorità di Sampierdarena devono prendere decisioni altrove già in atto.

All’apertura dell’Istituto oltre metà di novembre, il Direttore Don Divina, non trascura le indicazioni delle autorità e fa osservare tutte le cautele. Alla fine di novembre, alla buona notte, come faceva Don Bosco,

invita i giovani a mettersi sotto la protezione della Madonna. Si eviti la colpa. Si porti al collo la medaglia della Vergine. Si visiti quotidianamente il SS. mo Sacramento e l’altare dell’Ausiliatrice, implorando l’incolumità dal male. E viene fatta la promessa, come un voto, di uno speciale ricordo, qualora si sia esauditi con la pubblicazione della grazia ottenuta sul Bollettino Salesiano.

Il consenso è immediato e di tutti. Pochi all’indomani sono quelli che non si affollano a non chiedere la medaglia della Vergine e non corrano a inginocchiarsi davanti al suo altare nella chiesa parrocchiale.

Mentre fuori l’epidemia infierisce i giovani e i superiori dell’Ospizio sono difesi in modo straordinario. Ci sono ammalati ma nella norma dei periodi invernali, al tempo delle influenze. Giungono invece notizie poco buone dalle case di Varazze e di Alassio. A Collesalvetti si conta qualche decesso. All’Ospizio il male sta sulla soglia, ma non entra. Vengono colpiti alcuni ragazzi che sono rimasti a casa e non sono rientrati in collegio … Non si pensi a punizione di divina … Dio non castiga.

Muoiono don Luigi Testoris e il coadiutore Enrico Menguzzi, ma Don Divina dice che non sono morti a motivo della febbre spagnola. Si sono ammalati da tempo e prima che sia stata fatta la promessa.

Passato l’anno, memori della promessa fatta e riconoscenti della protezione ottenuta, tramandano il ricordo alle generazioni con un marmo eretto il 24 maggio 1919 con offerte dei giovani e dei benefattori. La solenne inaugurazione avviene il 4 luglio presente don Albera.

Vedrei volentieri una seconda scritta accanto a quella del 1918-1919 per ringraziare la Madonna che ha protetto questa sua casa dal Covid 19.

Don Alberto

Note

1. Roberto Burioni, VIRUS, La grande sfida, Rizzoli . marzo 2020, pag.126

2. Ivi 3. Antonio Miscio, La Seconda Valdocco, Vol. I -2002- Elledici, pag 341-342